Stracci Bajocchi

intervista ad Arrigo Speziali di Maria Gabriella Pezzarossi

Una mostra delle opere di Arrigo Speziali è aperta a Bajardo nelle sale del Castello di fianco alla chiesa vecchia di Bajardo. Un’esposizione che raccoglie reperti particolari ritrovati in vecchie cantine e rielaborati con arte e con un amore. Arrigo Speziali, con le sue doti di persona eclettica e creativa, si dedica insieme ad altri alla ricostruzione materiale e culturale di quest o borgo che vede un gruppo di “appassionati ” impegnati nella rinascita del luogo.

    - Da dove nasce questa idea di creare arte dagli stracci? -
   - Se questi stracci avessero un’altra provenienza, questi lavori non sarebbero mai nati. 
     Voglio dire che c’è un affetto per questo luogo e per questa gente. Negli anni si è talmente 
     intensificata la mia passione per Bajardo che capisco le sofferenze delle generazioni passate 
     che spendevano tutta la loro vita per sopravvivere. Dentro questi stracci ci sono le persone 
     con la loro storia. Ogni pezzetto veniva utilizzato non una, non due, ma molte volte, fino a 
     logorarsi. E anche quando era logoro se ne recuperava anche un pezzetto di pochi 
     centimetri che poteva servire per la camiciola per una ragazzina. Questo si vede anche negli 
     utensili, nelle padelle di rame aggiustate più volte, nei tegami, negli attrezzi. Qui sul tavolo 
     abbiamo una zappa riparata. Questa è la testimonianza di una società che non poteva 
     permettersi il lusso di staccarsi dal lavoro, mai. 
    - Un modo di vivere completamente diverso da quello attuale. Niente poteva essere 
      buttato, il recupero faceva parte della vita, un valore importante. Come consideri questi 
      due periodi così diversi, ma anche così vicini nel tempo? 
    - Un continuo presente con forti e radicali trasformazioni. La storia dell’uomo è sempre 
      caratterizzata dal lavoro, ma non credo che per queste persone il lavoro abbia mai 
      rappresentato veramente una maledizione. 
      La donna che abbiamo incontrato poco fa, Piera di 92 anni, racconta che gli uomini si 
      trovavano all’osteria o per strada e cantavano. Ora mi domando chi canta? Canta la 
      persona che in fondo al proprio spirito ha qualcosa di leggero che accomuna, che unisce, 
      che va oltre la fatica della giornata. - 
    - Torniamo alle tue opere che comunicano grande emozione e muovono a sentimenti di 
      compostezza e di armonia. Non avrei timore a giudicarle opere d’arte. - 
    - Vedremo nel futuro. Vorrei che fossero giudicati soprattutto come oggetti di un museo di 
      archeologia, come testimonianza di un’epoca passata. 
   - Non posso lasciarti senza chiederti . . . dimmi, tu hai un’altra origine, come mai Bajardo? 
     Mi pare tu abbia un amore particolare per questo paese.- 
   - Ho avuto la fortuna fin da ragazzino di poter viaggiare, di conoscere altre culture, mia 
     madre aveva nonni austroungarici, mia moglie inglesi. Da ragazzo svolgevo d’estate 
     l’attività di guida turistica quindi dalla Tanzania a Mosca, dall’India a Londra eccetera. Ho 
     potuto visitare molti paesi con la voglia di conoscere, scoprire i costumi, capire il senso della 
     vita degli altri. 
     Bajardo è stato un incontro fortuito. Fin dal primo sguardo sono rimasto abbagliato. Il 
     crinale di Bajardo, visto salendo da Apricale, si staglia contro il cielo e sembra un paese 
     sospeso, irreale, quasi fantastico. I panorami sulle Alpi, sulle vallate verdi, sul mare in 
     distanza, sono cose che raramente si trovano in Italia. 
     Una collocazione geografica unica e poi le pietre, la storia, gli oggetti, le cantine, gli 
     anziani. Un fascino che mi ha stregato e tuttora non mi lascia.-


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